La mattina del 26 gennaio un’operazione di polizia estesa su tutto il territorio nazionale (e non solo), coordinata dal procuratore generale di Torino Caselli, ha eseguito misure di custodia cautelare per 41 persone, di cui 25 in carcere. Fra questi ultimi il nostro compagno Niccolò. I reati contestati sono resistenza aggravata, lesioni e danneggiamento in concorso, relativi alle 2 giornate di lotta NO TAV del 27 giugno e del 3 luglio dello scorso anno. Un’operazione nazionale minuziosamente orchestrata, volta ad attribuire la resistenza attiva e la determinazione mostrata in Val Susa nel corso del 2011, alla sola cosiddetta “ala antagonista”. Ad eccezione di tre persone, infatti, tutte le misure cautelari riguardano compagn* appartenenti a realtà politiche autorganizzate distribuite su tutto il territorio nazionale, come a voler indicare una regia oscura dei cosiddetti disordini. Un quadro strumentale alla repressione che lo Stato sta mettendo in atto per effettuare la consueta divisione buoni-cattivi: black bloc da una parte, democratici e pacifici cittadini rispettosi della legalità dall’altra. Un’operazione repressiva che punta da una parte ad isolare i destinatari delle misure di custodia cautelare, e dall’altra a delegittimare l’intero movimento NO TAV proprio nel momento in cui la tensione sociale sta crescendo in risposta alle misure di austerity varate dal Governo Monti-Napolitano.

Ma le giornate di resistenza e di lotta del 27 giugno e del 3 luglio narrano una realtà profondamente diversa.

Il 27 giugno all’alba esisteva ancora la “Libera Repubblica della Maddalena”, una straordinaria esperienza di lotta e autogestione, situata nelle zone adiacenti alla Val Clarea in cui dovrebbe essere costruito il tunnel d’esplorazione  geognostico, primo traforo di questo TAV. Per 5 settimane presso l’area archeologica si erano susseguiti incontri, dibattiti, socialità e conflitto, in un campeggio permanente organizzato dal basso tramite le assemblee popolari. Il 27 mattina circa 2500 agenti delle forze dell’ordine in tenuta antisommossa hanno fatto irruzione nella “Libera Repubblica” mettendo in atto un vero e proprio assalto militare, attaccando contemporaneamente su più fronti, con ruspe, bulldozzer e centinaia di lacrimogreni. Ma nonostante la violenza delle forze dell’ordine, migliaia di persone, fino all’ultimo momento, hanno resistito e difeso ciò che collettivamente avevano costruito nel mese precedente. E la risposta del movimento NO TAV alla “conquista manu militari” della Libera Repubblica da parte dello Stato è stata la manifestazione nazionale del 3 luglio, che si poneva pubblicamente (e non segretamente con messaggi cifrati o in uno scantinato buio a lume di candela) come obiettivo l’assedio del fortino delle forze dell’ordine. Se possibile, la risposta di Polizia e Carabinieri è stata ancora più violenta. Chi si avvicinava alle reti veniva travolto da idranti e lacrimogeni lanciati in quantità disumana ad altezza uomo in mezzo ai boschi, pestaggi inflitti agli arrestati.

Sin da subito la campagna mediatica ha ricalcato i soliti schemi precostituiti, con i giornali main stream che imputano la violenza di quelle giornate a cosidetti black block infiltrati, evitando accuratamente di descrivere la dinamica di conflitto diffuso messa in pratica quel giorno e il consenso che essa raccoglieva, come dimostrato dagli applausi che facevano da sfondo a chi metteva in gioco il proprio corpo per difendere la valle dalla speculazione e dalla devastazione. Un’operazione mediatica schiava della politica ormai capillarmente collusa con le mafie, con l’obiettivo di ridurre, come di consueto, la resistenza ed il dissenso legittimi ad un problema di ordine pubblico, per non dover fare i conti pubblicamente con una dimensione allargata di conflitto che ha creato attorno a sé consenso e si è riprodotta. Per non parlare del silenzio omertoso riguardo all’attacco militare premeditato da parte delle forze di polizia cui non può non seguire una resistenza attiva e determinata. Ciò che spaventa chi ordina arrresti ed assalti degni di una guerra (basti pensare all’uso del CS) è la presa di coscienza di chi vive il territorio valsusino e di chi vi lotta fianco a fianco da più di vent’anni, del fatto che il conflitto è l’unica pratica di trasformazione reale dell’esistente,diventato ormai preda delle indisturbate oligarchie finanziarie detentrici di verità e poteri assoluti.

La posta in gioco è quindi il concetto stesso di democrazia. E’ democrazia l’imposizione a tutti i costi (assalti militari, militarizzazione, zone rosse, idranti, lacrimogeni, arresti) delle decisioni prese dauna classe politica sempre più lontana dai bisogni e dagli interessi  collettivi e sempre più collusa e permeata dalle mafie, dai poteriforti e dalla finanza speculativa responsabili di questa crisi? Oppure è democrazia la partecipazione collettiva ai processi decisionalimessa in pratica nelle assemblee popolari NO TAV e nell’idea di difesa e riconquista reale dei beni comuni portata avanti dai referendum di giugno 2011 e dalla lotta ventennale contro il TAV?

E’ in quest’ottica che il movimento NO TAV rappresenta un percorso concreto di uscita dalla crisi, e lo fa sfatando il mito delle politiche di privatizzazione e palesando il controllo sociale in atto attraverso la retorica della solvibilità del debito e dell’austerità. Per questi motivi, per l’opposizione reale alla governance della crisi messa in atto dal governo Monti burattino della dittatura finanziaria, la Val di Susa e il movimento NO TAV stesso sono beni comuni ed in quanto tali è dovere di tutt* attraversarli, agirli e difenderli.

Non accettiamo né accetteremo quindi in futuro qualunque discorso su chi ha o meno (valsusini o extra-valsusini) il diritto di difendere la Val di Susa, come dichiarato da Caselli per giustificare la sua operazione repressiva. Così come respingiamo l’ennesimo teorema giudiziario costruito dalla procura torinese (la puntata precedente è stato il processo Rewind a carico degli studenti che manifestavano contro il G8 dell’Università il 19 maggio 2009) per delegittimare un movimento ampio e variegato e per intimidire le lotte che ogni giorno mostrano le crepe di un sistema finanziario ormai al collasso che mai come oggi tenta di massimizzare i profitti di pochi scaricando i costi della crisi sulla collettività. La pacificazione nazionale, tanto invocata e sbandierata anche dal PD che vergognosamente plaude all’operato della
magistratura per accreditarsi come forza democratica lontana dai movimenti popolari e capace di rispettare i diktat imposti dalle troike finanziarie, non è sinonimo di assoggetamento silenzioso al saccheggio dei beni comuni e all’esproprio dei diritti, ma di riconquista collettiva dei beni comuni.

Cinque giorni fa hanno provato ad indebolirci e intimidirci arrestando il nostro compagno Nic e privando della libertà altre decine di compagn*. Questo ennesimo tentativo, come i precedenti sarà vano, come vana sarà qualunque altra azione repressiva. La nostra voce e la nostra lotta non si arresteranno mai.

 

Nic libero subito

LIBER* TUTT*, LIBER* SUBITO

 

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