CRONACA DI UNA RABBIA ANNUNCIATA.

Andiamo in valle domenica? Come andiamo? Pullman? Ma riusciamo a riempirli? Noi ci siamo tutti, bergamaschi milanesi e padovani.

Proviamo a lanciare un pullman e vediamo se riusciamo a essere un buon numero per andar su….

Domenica mattina appuntamento alle 5.30, siamo tantissimi e abbiamo purtroppo dovuto dire di no ad altrettanta gente, perchè non abbiamo trovato abbastanza pullman disposti a portarci in valle…. Partiamo ovviamente con un discreto ritardo ma alla fine tutti i pullman riescono a partire in direzione Exilles. Durante il viaggio comunichiamo a tutti le indicazioni dei NoTav per l’assedio al cantiere a Chiomonte.

Arriviamo in valle. Molti raccontano ai più giovani le altre tante, troppe volte che sono saliti da queste parti ed è pazzesco trovarsi a distanza di tanti anni ancora a dover ribadire che l’alta velocità da queste parti è inutile, dispendiosa e pericolosa. Il corteo parte ed è lunghissimo, abbiamo tutti il sentore che “sarà dura”, ma soprattutto che in questi anni la determinazione e la forza dei valsusini e di chi li appoggia sembra non aver risentito del tempo che passa, anzi si è rafforzata. Arrivati sul ponte della Dora si inzia a sentire l’odore inconfondibile dei lacrimogeni, e capiamo subito che sarà veramente dura. Ma nessuno si spaventa, abbiamo ragione e ce lo dimostrano le migliaia e migliaia di persone in corteo, i valsusini che dalle finestre applaudono e ringraziano di non averli lasciati soli, le signore che offrono da bere e da mangiare ai manifestanti, che abbiano caschi e maschere antigas o meno. Sanno di aver ragione i valligiani che vivono in un’area militarizzata, che vogliono partecipare e contare nelle scelte che decidono delle loro vite e l’unica risposta che ottengono dallo Stato è sempre un uso folle e scriteriato delle forze dell’ordine. Ed è cosi anche questa volta: abbiamo assistito a una militarizzazione della valle e a un massiccio impiego di gas CS contro i manifestanti. A lanci di lacrimogeni ad altezza d’uomo che hanno ferito dei ragazzi anche in maniera grave. Abbiamo assistito al lancio di pietre da parte dei poliziotti sui manifestanti, a persone anziane piegate in due dalla concentrazione di gas nell’aria, ai lividi causati da proiettili di gomma.

Ma i valligiani sono determinati e noi con loro: migliaia di persone assediano la zona militarizzata. A lanciare quei sassi, a resistere ai lacrimogeni non è stata solamente una minoranza di “professionisti della violenza” come ripetono i media, è stata la maggior parte della gente; e le ovazioni quando i fuochi d’artificio sui monti mostravano a tutti gli scontri e l’avanzamento dei manifestanti sono la prova più palese dell’unità del corteo. Oggi lo dicono i valligiani, lo dicono i comitati no tav. E lo diciamo anche noi.

Certo è rassicurante, per i giornali, le istituzioni, i partiti e per i tanti ciarlatani nostrani, lontani anni luce dai cittadini, quando assistono a una rivolta popolare e trasversale, incolpare un’esigua minoranza venuta da chissà dove. Era già successo in occasione del 14 dicembre 2010, quando un gruppo di trecento extraterrestri aveva causato gli scontri in piazza del Popolo, si è ripetuto il 3 luglio quando un gruppo di stranieri “professionisti della violenza” ha causato gli scontri sui boschi sopra la Maddalena. Ma non è così: la rivolta di Chiomonte è stata la rivolta di una valle, del suo popolo, che da vent’anni si batte contro un progetto inutile e dannoso come è quello del TAV. E’ stata “una giornata di resistenza popolare, altro che black block”, come ribadito dal movimento NoTav stesso in conferenza stampa.

Una giornata in cui nelle strade e nei boschi c’era un unico corteo, un unico movimento che, nonostante i teoremi giornalistici di infiltrazioni dall’estero, parlava una sola lingua: la difesa dei beni comuni. Una lotta che quindi si innesta e si contamina con le lotte di quest’autunno e di questa primavera a difesa della formazione e del sapere, dell’acqua, dei territori, della dignità delle vite di tutte e tutti noi. Ecco perché eravamo tanti e venivamo anche al di fuori dalla Val Susa. E in tanti, in migliaia, abbiamo messo in gioco i nostri corpi e le nostre esistenze, mettendo in pratica azioni che non abbiamo timore a definire atti di rivolta. Un uso della forza legittimo di fronte all’assalto militare con cui lo Stato lunedì 27 giugno ha sgomberato il presidio della Maddalena. Una vera e propria operazione di guerra con cui lo Stato ha voluto ribadire la propria sordità alle rivendicazioni del popolo della Val Susa, svuotando la parola democrazia intesa come partecipazione collettiva ai processi decisionali. E di fronte alla militarizzazione della Valle e all’istituzione dell’ennesima zona rossa l’assedio è stata la risposta dal basso più consapevole e spontanea che il movimento NoTav potesse dare.

Una risposta fatta di dignità e partecipazione contro chi svende il territorio alle leggi del profitto e del mercato per costruire un’opera utile solo a chi la costruisce. Questa è la vera violenza. Lo sparo dei lacrimogeni ad altezza d’uomo è violenza. Il pestaggio arbitrario degli arrestati è violenza. Le azioni del movimento NoTav. delle migliaia di persone che hanno assediato il cantiere dell’alta velocità sono soltanto l’espressione della determinazione nel riprendersi ciò gli appartiene, ciò che è di tutti e non può essere messo a profitto per i portafogli dei soliti pochi corrotti: la Val Susa.. Abbiamo visto gli abitanti della Valle applaudire quelli che i democratici chiamano violenti, abbiamo sentito le gridare “Resistenza, Resistenza”. Abbiamo vissuto la migliore Italia. Ecco, chi dice che in Italia il vento sta cambiando forse ha ragione.

Le migliaia e migliaia di persone che hanno partecipato attivamente alla giornata di ieri ne sono la dimostrazione.

Tutta la nostra complicità ai valligiani, agli arrestati e ai feriti. Non vi lasceremo mai soli.

Chi semina CS, raccoglie tempesta.

 

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